Luogo Bagnacavallo, Ravenna, Emilia Romagna, Italy
Racconto della vicenda

Nel 1942 Vincenzo Tambini di Bagnacavallo (Ra) si reca a Trieste e lì conosce gli Einhorn, una famiglia di ebrei provenienti da Fiume. A distanza di qualche tempo, gli Einhorn decidono di scappare a Bagnacavallo e contattare Vincenzo Tambini.
I Tambini sono una famiglia benestante, i cui possedimenti comprendono una cantina, una cava e diverse case. Il padre Aurelio, responsabile della banca maggiore di Bagnacavallo, è membro del partito fascista per opportunità sociali ed economiche; la madre Amelia Melandri, maestra, è molto devota e legata alla chiesa locale. La coppia ha quattro figli: Vincenzo (che nel 1942 aveva 35 anni), Giulio (33), Rosita (30) e Annamaria. Vincenzo lavora nella cava del padre.

Vincenzo Tambini e la sua famiglia accolgono Isacco Einhorn, la moglie Amalia Rosenstein, di circa 60 anni, e la figlia Renata, di 22. Isacco Einhorn prende in affitto una casa dall’avvocato Martini e la cantina dei Tambini, aprendo una rivendita di vino che produce lui stesso. La presenza degli Einhorn è nota alle autorità locali: hanno dato la parola d’onore al maresciallo dei Carabinieri, Ezechiele Maccacaro, di non fuggire e di indicare ogni loro spostamento. In cambio, gli sono concesse le tessere annonarie e gli viene assicurato che in caso di ordine di arresto li avrebbero preavvisati.

Con l’8 settembre 1943 la situazione per gli ebrei di tutta Italia diventa molto più critica. A Trieste, in particolare, diventa molto grave e pericolosa, dato che la città è annessa alla Operationszone Adriatisches Küstenland (“Zona d’operazioni del Litorale adriatico”) sotto la diretta amministrazione tedesca. Una trentina di ebrei fiumani parenti o amici degli Einhorn, sapendo del loro rifugio bagnacavallese, si recano così presso di loro, divisi per nuclei famigliari. Tra questi, Laura Weiss, le figlie Elena e Sara Carlotta e le loro rispettive famiglie: Sara Carlotta vedova Jacobovitz, con i figli Oscar ed Edda, ed Elena con il marito Giacomo Galandauer e i figli Eugenio, Cecilia e Antonia. I Weiss-Galandauer-Jacobovitz, in particolare, vengono accolti in casa dai Tambini, che gli affitta due stanze e un cucinotto al secondo piano.

Vincenzo Tambini opera in modo da trovare alloggi per tutte queste persone, facendole passare per sfollati dalla città. Per evitare di destare sospetti, in diversi casi i loro cognomi vengono cambiati: Berger diventa Bergi, Kugler diventa Vieri. Tambini si reca anche a Fiume per cercare di recuperare alcuni beni delle famiglie ospitate, ma tutto è già stato confiscato.

Il 30 novembre 1943 il ministero dell’Interno della Repubblica sociale italiana dispone l’arresto degli ebrei, l’internamento in campi e il sequestro dei loro beni: la lista delle persone da arrestare a Bagnacavallo perviene al maresciallo Maccacaro, che informa Tambini dell’ordine.
Le famiglie vengono quindi divise: gli adulti trovano rifugio presso Antonio Dalla Valle, un cantoniere amico di Tambini, che vive in una casa colonica isolata vicino all’argine del fiume Senio. Qui Dalla Valle ha scavato un tunnel dalla casa fino a un vano ricavato nell’argine, dove al bisogno far nascondere le persone. I bambini, invece, vengono ospitati presso case religiose di Lugo: le femmine al Sacro Cuore, i maschi dai Salesiani.
Vincenzo Tambini e Antonio Dalla Valle, insieme alla sorella di Vincenzo, Rosita, e a Maria, figlia quindicenne di Antonio, si prendono cura delle famiglie di ebrei ospitati, procurando loro protezione e cibo. Tuttavia, la presenza di queste persone che parlano più lingue, scappate dalla città ma stranamente in direzione della Linea Gotica, area tutt’altro che sicura, inizia a porre delle domande nella popolazione locale.

Nell’aprile 1944 la situazione precipita: Giuseppe Berger, parente dei Weiss, arriva in treno a Massa Lombarda, dove dimentica una valigia. Ritrovata da una donna, cuoca della Milizia locale, desta immediatamente sospetti dato che al suo interno c’è un libro in ebraico. Il giovane viene arrestato e portato in carcere a Ravenna. In modo fortunoso, tramite la moglie di un altro detenuto bagnacavallese, fa sapere a Tambini del proprio arresto, temendo di non essere in grado di resistere a lungo alle violenze degli interrogatori e di rivelare così il motivo e la destinazione della sua visita.

Le famiglie nascoste vengono così avvisate e invitate a partire il prima possibile per mettersi in salvo. Vincenzo Tambini viene trattenuto in carcere per qualche giorno e interrogato, negando qualsiasi attività di aiuto agli ebrei. Grazie all’interessamento dei genitori, viene liberato e decide di fuggire nelle Marche, dove inizia a fare alcuni lavori per gli Alleati, seguendo la loro avanzata verso nord e ritornando così a Bagnacavallo dopo la Liberazione, nel dicembre 1944.

Ricomposti i nuclei familiari, i Berger e i Kluger si mettono in viaggio per la Svizzera via Varese, ma durante la fuga vengono traditi da un delatore, catturati, deportati a Fossoli e poi ad Auschwitz. Gli Einhorn si rifiutano di partire, contando nell’accordo con il Maresciallo dei Carabinieri: vengono invece arrestati e deportati anche loro a Fossoli il 15 aprile 1944 e da lì, un mese dopo, ad Auschwitz. Sopravvivono al campo solo Renata Einhorn, Hanna e Gisella Kugler.
Solamente gli Yakobowitz-Galandauer, partiti in ritardo rispetto agli altri a causa della rottura del femore di Laura Weiss, riescono ad arrivare in Svizzera, aiutati nella fuga da Lidia Gelmi Cattaneo, un contatto di Tambini residente a Bergamo. Passano la frontiera il 15 maggio 1944.
Nell’autunno 1944 l’esercito tedesco crea una linea difensiva lungo i fiumi Senio, Santerno e Sillario. In quei mesi viene posizionata una batteria tedesca in prossimità della casa di Dalla Valle. Quando nel dicembre l’avanzata alleata in Romagna si ferma al Senio, che diventa linea di fronte, la casa di Dalla Valle viene minata e fatta saltare dai tedeschi.

Il 28 aprile 1974 i membri della famiglia Tambini e Antonio Dalla Valle sono riconosciuti Giusti tra le Nazioni. A Bagnacavallo sono state realizzate diverse iniziative in ricordo.
Nel 1995 viene posto un cippo coi nomi degli ebrei fiumani, ungheresi e rumeni (ovvero originari di quei luoghi) che sono passati da Bagnacavallo ma sono stati catturati durante la fuga in Svizzera e deportati ad Auschwitz.

Il 30 maggio 2012 è inaugurato il Parco dei Giusti bagnacavallesi, in una nuova area verde progettata dalla Consulta dei Ragazzi insieme ad alcuni tecnici del Comune. (EP)

 

Bibliografia Caravita Gregorio, Ebrei in Romagna (1938-1945). Dalle leggi razziali allo sterminio, Ravenna, Longo, 1991, pp. 257-263.

I giusti d’Italia. I non ebrei che salvarono gli ebrei, 1943-1945, a cura di Israel Gutman e  Bracha Rivlin, Milano, Mondadori, 2006, pp. 52-53.

Kugler Weiss Hanna, Racconta! Fiume-Birkenau-Israele, Firenze, Giuntina,  2006, pp. 26-27.

Drudi Emilio, Un cammino lungo un anno: gli ebrei salvati dal primo italiano «Giusto tra le Nazioni», Firenze, Giuntina, 2012, pp. 56-57.

Viroli Aldo, Il ponte da Fiume verso la libertà. Antonia Galandauer è tornata con la famiglia a Lugo e a Bagnacavallo, in “La Voce di Romagna”, 3 novembre 2012.

L’Arma dei Giusti, in “Notiziario storico dell’Arma dei Carabinieri”, anno II, n. 4, 2017, pp. 32-37.

Picciotto Liliana, Salvarsi. Gli ebrei d’Italia sfuggiti alla Shoah, 1943-1945, Torino, Einaudi, 2017, pp. 222-224.