L’albergatore e il Maresciallo
Nell’autunno del 1943, poco tempo dopo la firma dell’armistizio da parte del Regno d’Italia, ventisette ebrei arrivano a Bellaria, provenienti dal campo di Asolo, vicino Treviso, dove erano trattenuti come internati civili, e diretti verso Sud nella speranza di raggiungere le forze alleate. Sono ebrei di origini jugoslave, la cui fuga è iniziata alcuni anni prima, quando le truppe tedesche sono arrivate a Zagabria e hanno iniziato le prime persecuzioni contro gli ebrei.
Bellaria, cittadina romagnola della sponda adriatica, è ancora governata dai fascisti e dai loro alleati tedeschi. Qui, tuttavia, i profughi, sprovvisti di qualsiasi risorsa e privi di documenti, incontrano l’albergatore Ezio Giorgetti, che mette a loro disposizione la sua pensione vuota, l’Hotel Savoia. E a Giorgetti si presentano inizialmente come profughi dell’Italia meridionale, di origini pugliesi, in attesa di un’imbarcazione che dalle coste romagnole li riconduca a Bari.
Lo stesso Giorgetti, pur avendone comunque compreso quasi subito le origini straniere, decide di accogliere la loro richiesta di aiuto e, consapevole dei rischi a cui sarebbe andato incontro, non esita a fornire loro aiuto nemmeno nel momento in cui viene a conoscenza della reale storia di quel gruppo di profughi.
Gruppo di cui Ziga Neumann è la figura di riferimento. Neumann che, insieme ad alcuni familiari, nel giugno 1941 si era nascosto in una carrozza di un treno postale ed era riuscito a raggiungere Spalato, occupata dai fascisti italiani. Da lì, nel novembre di quello stesso anno, è stato trasferito e internato nel campo di Asolo, in Italia, da dove è poi riuscito a fuggire l’8 settembre del ’43. Ed è proprio Ziga Neumann, che insieme al genero, Joseph Konforti, è l’unico del gruppo a parlare correttamente la lingua italiana, a raccontare a Ezio Giorgetti la storia della propria famiglia (composta anche dalla moglie, Bella Schwarz, e dalla figlia Maja) e le reali origini sue e dei suoi compagni di viaggio.
Nella sua opera di salvataggio Ezio Giorgetti riceve comunque un aiuto fondamentale: quello del maresciallo dei Carabinieri di Bellaria, Osman Carugno, al quale lo stesso Giorgetti confida la storia di quel gruppo di ebrei provenienti dalla Jugoslavia, e dal quale riceve da subito una costante e preziosissima protezione, che non verrà meno fino al momento della liberazione.
Carugno prende il gruppo sotto la sua protezione, e crea una rete di contatti con colleghi della zona, con membri del clero e con elementi della Resistenza, che fornisce ai profughi un’ulteriore tutela. Quando è necessario si prende cura anche delle esigenze mediche dei membri del gruppo, e si procura false carte d’identità, con timbro del Comune di Barletta.
I profughi, legati tra loro da vincoli familiari, rimangono dunque all’Hotel Savoia, almeno fino all’ordine tedesco di liberare tutte le abitazioni situate sul lungomare, perché dovevano essere destinate alle truppe naziste. Giorgetti e Carugno organizzano allora il trasferimento del gruppo di ebrei, divenuti nel frattempo trentotto perché altri se ne sono aggiunti, prima alla Pensione Esperia di Igea Marina, e successivamente in una tenuta di campagna nelle vicinanze di San Mauro Pascoli, paese d’origine dello stesso Giorgetti, oggi in provincia di Forlì-Cesena.
All’inizio del 1944 si rende tuttavia necessario un nuovo spostamento, ed Ezio Giorgetti chiede ad Alfonso Petrucci, proprietario dell’Albergo Italia, a Bellaria, di ospitare il gruppo di ebrei, che vengono presentati come italiani e amici personali dello stesso Giorgetti e del maresciallo Carugno. “Una decisione piuttosto ardita”, ricorda Joseph Konforti, “poiché Petrucci era di idee fasciste, e alcune camere dell’albergo erano destinate proprio a tedeschi e a camerati di passaggio. Tuttavia, la possibilità che degli ebrei cercassero rifugio nella stessa struttura in cui si trovano tedeschi e fascisti era talmente impensabile da non suscitare sospetti. Petrucci non sapeva chi eravamo veramente e non si accorse che non eravamo italiani. […] La paura ci accompagnava sempre: bastava che arrivasse in albergo un estraneo e ci sentivamo in pericolo, perché non sapevamo chi fosse, né il motivo del suo arrivo. Avevamo istruito tutti i componenti del nostro gruppo che, se venivano interpellati, dovevano indicare la porta della cucina e dire “cucina”, perché lì si trovavano spesso Petrucci, la moglie o qualcun altro che potesse rispondere ad eventuali domande; nel frattempo noi avremmo potuto nasconderci. […] Noi adulti passeggiavamo solo in vie poco trafficate, mentre i bambini potevano muoversi più liberamente sia in giardino che in paese, ma tutti avevamo il divieto assoluto di parlare con gli italiani, perché si sarebbero accorti presto che, a parte mio suocero ed io, nessuno conosceva la lingua ed avrebbero immediatamente capito che i nostri documenti erano falsi”.
Il gruppo rimane a Bellaria fino all’inizio dell’estate del 1944, quando tutti i cittadini vengono obbligati dalle milizie nazifasciste a lasciare la zona. Giorgetti e Carugno cercano allora una nuova località in cui nasconderli, individuandola in Villa Labor, nel piccolo paese di Pugliano, nell’entroterra pesarese.
E quando anche Villa Labor deve essere abbandonata, perché destinata a diventare un ospedale militare, sono gli abitanti di Pugliano che mettono a disposizione le proprie case e le proprie risorse alimentari, fino al settembre di quello stesso anno, quando con l’arrivo delle truppe alleate termina l’odissea di questo piccolo gruppo di profughi ebrei.
Ezio Giorgetti e Osman Carugno vengono riconosciuti dallo Yad Vashem come Giusti tra le Nazioni rispettivamente il 5 maggio del 1964 e Il 14 aprile del 1985. (SNS)
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Bibliografia
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Conforti J., Estratto dal diario di guerra, in Falcioni A. e altri, Storia di Bellaria – Bordonchio – Igea Marina, Ricerche e studi sul territorio (1500-1970), Vol. III, Ghigi, Rimini 1994.
Drudi E., Un cammino lungo un anno. Gli ebrei salvati dal primo italiano “Giusto tra le Nazioni”, Giuntina, Firenze 2012.
Gutman I., Rivlin B. (a cura di), I giusti d’Italia. I non ebrei che salvarono gli ebrei, 1943-1945, Mondadori, Milano 2006.
Santandrea E., Giusti fra le nazioni: Ezio Giorgetti e Oscar Osman Carugno: Bellaria Igea Marina, 1943/44 a fianco degli ebrei perseguitati, Catalogo della mostra, traduzioni Valia Della Valle, Comune di Bellaria Igea Marina, 2014.
FONTI ARCHIVISTICHE
ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Ministero dell’Interno, Direzione generale di pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, Uffici dipendenti dalla sezione prima, Ufficio internati, A4 bis, internati stranieri e spionaggio, b. 162 Hirschl Stefa di Ignac vedova Schwarz, b. 162 Hirschl Mirko fu Ziga e moglie, b. 259 Neumann Danica di Adolfo, b. 308 Rothmueller Danica, b. 325 Schwarz Ugo di Stanislao e famiglia.
FONTI MULTIMEDIALI
AnnaPizzutiDatabase, www.annapizzuti.it |