Luogo Varsi (PR), Emilia Romagna, Italy
Racconto della vicenda:

Nel 2014 Lina Labadini, nata a Varsi e residente a Parma, decide di cercare notizie della numerosa famiglia che i suoi genitori avevano ospitato e nascosto nell’autunno del 1943. All’epoca Lina aveva 8 anni, di conseguenza i suoi ricordi di quel periodo sono sfumati ma radicati, a misura di bambina. La sua ricerca parte da un nome, quello di Clemente Fargion, una delle persone nascoste. Grazie alla rete Internet i pochi particolari rimasti alla memoria cominciano a collegarsi e, risalendo fortunosamente legami e genealogie, la signora Lina riesce a contattare Liliana Treves Alcalay, unica ancora in vita della famiglia Treves Fargion, che nell’autunno 1943 aveva 4 anni. Mettendo insieme i dettagli dei loro ricordi infantili, è stato possibile ricostruire questa vicenda.
Nell’estate del 1943 la famiglia Treves-Fargion è in villeggiatura alla pensione Villa Daccò di Salsomaggiore (Pr). Originaria di Bengasi, la famiglia è doppiamente legata: le sorelle Sarina e Ventura Agiman (la cui famiglia proveniva da Istanbul) avevano sposato rispettivamente Samuele Treves ed Elia Fargion, i cui figli, Alberto Treves e Linda Fargion, cugini primi, si erano sposati e avevano avuto quattro figli: Edith, Massimo, Dolly Noemi e Liliana. Elia Fargion era originario di Livorno, faceva l’agente marittimo, era stato nominato Cavaliere del Lavoro e per un certo periodo fu anche presidente della Comunità ebraica di Bengasi; Alberto Treves era commerciante.
All’inizio degli anni Quaranta, quando la situazione in Libia aveva iniziato a complicarsi per via della guerra, la famiglia si era trasferita in Italia, a Milano. Nell’estate del 1943, a causa dell’inasprirsi del conflitto e dei bombardamenti che colpivano la città, i Treves-Fargion vanno a Salsomaggiore. In tutto sono dodici: Elia Fargion e la moglie Ventura, i loro figli, Clemente, Angelo e Lina, la figlia Linda e il marito Alberto Treves con i quattro bambini e la nonna Sarina (rimasta vedova da qualche anno).
Dopo l’8 settembre, però, la situazione per gli ebrei diventa molto pericolosa: è necessario scappare e trovare un rifugio. È allora che Maria Cordani, cameriera della pensione, propone loro di andare a Varsi, un piccolo paese della Val Ceno, nella montagna sopra Parma, dove vive la sua famiglia.
Il fratello di Maria, Giulio Cordani, attivo nella Resistenza, chiede di ospitare queste persone sfollate dalla città (inizialmente senza comunicare che si trattava di ebrei) a Francesco Labadini, nella cui casa allora c’era spazio dato che i figli maggiori erano nell’esercito. La casa dei Labadini si trovava in paese: qui i Treves-Fargion vivono per qualche tempo insieme a Francesco, la moglie Maria Marzolini, e i loro due figli più piccoli, Lina e Riccardo. I due bambini avevano il compito di appostarsi all’angolo della strada e correre ad avvisare quando vedevano passare i fascisti. A causa del tesseramento alimentare, Maria fa fatica a portare a casa abbastanza cibo per nutrire quelle dodici persone in più e in particolare i quattro bambini. Un aiuto fondamentale viene dalla macellaia del paese, sua amica, che le passa di nascosto carne per fare il brodo.
Passato qualche tempo, la casa in paese inizia a non essere più sicura: si comincia a vociferare della presenza di alcuni ebrei sul territorio. I Treves-Fargion vengono così spostati alla Casa del Riccio, presso i Cordani, a Rocca Nuova di Varsi: distante dal paese una decina di chilometri, è un agglomerato di poche abitazioni sparse, attorno alla chiesa parrocchiale.
Qui i Treves-Fargion vivono – benché nascosti – una fase di tranquillità: i bambini giocano coi figli di Severino e Celestina Cordani, leggono dei libri, addirittura Linda e Alberto organizzano delle lezioni scolastiche per loro (cui si unisce anche Mario, uno dei ragazzi Cordani). In questo modo si cerca di dare loro almeno una parvenza di normalità in quella situazione precaria.
Tuttavia, benché i contadini di Varsi neghino di essere a conoscenza di ebrei nascosti, la milizia fascista dell’Rsi inizia a fare delle perquisizioni nelle case.
Un giorno, probabilmente tra novembre e dicembre, Maria Cordani corre a casa dicendo che il brigadiere dei Carabinieri, Marcellini, l’ha informata del fatto che due fascisti stanno dirigendosi al casolare. Non c’è tempo, però, per nascondersi. I Treves-Fargion rimangono quindi in silenzio nelle loro stanze al primo piano, al buio, temendo il peggio. Iniziano a sentire delle voci al piano di sotto. I due miliziani parlano a voce alta: cercano una donna ebrea e quattro bambini. Maria nega di avere visto nessuno. È allora che i Cordani giocano d’astuzia: le due figlie più giovani entrano in cucina con un fiasco di vino e dei bicchieri e fanno ubriacare i due fascisti. In questo modo riescono a evitare la perquisizione del casolare.
Dopo questo episodio, casa Cordani non è più un luogo sicuro per i Treves-Fargion: già dal giorno successivo sono costretti a cambiare rifugio. Le condizioni di salute della nonna Sarina, però, si sono aggravate, viene così lasciata dai Cordani. Quando i fascisti – che avevano capito di essere stati distolti dal loro intento la sera prima – tornano per perquisire la casa, l’anziana donna viene presentata come la loro nonna molto malata. Intanto, i Treves-Fargion si dividono: Elia e Ventura vengono mandati in montagna, mentre gli altri trovano rifugio in chiesa da don Ubaldo Magistrali, dove rimangono per qualche tempo. Ma i fascisti arrivano anche qui per fare un controllo e nuovamente i Treves-Fargion riescono fortunosamente a sfuggire: don Ubaldo riesce a convincere i fascisti a non perquisire la sagrestia. Nella notte si mettono tutti in cammino per una baita in montagna, a Valmozzola, dove vengono nascosti da Guido Croci, amico dei Cordani. I Treves-Fargion passano l’inverno in questo casolare isolato: è qui che una notte muore Sarina Agiman in Treves, che viene sepolta di nascosto vicino al granaio (solo dopo la guerra la sua salma è stata spostata al cimitero di Parma).
Fino all’inizio della primavera del 1944 rimangono nascosti in montagna, isolati e protetti anche dalle nevicate. Ma il timore che con la buona stagione si intensifichino le ricerche, li spinge a tentare la fuga verso la Svizzera. Alberto Treves riesce a ottenere dei documenti falsi: i Treves divengono la famiglia Consolo. Guido Croci li consiglia di andare alla stazione di Parma e di prendere il treno per Milano divisi in piccoli gruppi, per non dare nell’occhio. Arrivano a Milano sotto ai bombardamenti, incontrando diverse pattuglie tedesche. Ma, per fortuna, riescono a evitare i controlli. Si ritrovano a casa di una conoscente, la signora Rosa, dove restano nascosti alcuni giorni e riescono a entrare in contatto con partigiani che li aiutano a trovare un modo per arrivare alla frontiera. Da Milano vanno a Como dove, aiutati da due uomini, attraversano a piedi il confine con la Svizzera.
Dopo la guerra, ritornano a Milano.
Nel 2014 questa vicenda è stata raccontata nel filmato A Varsi in quel terribile 1943 di Flavio Nespi, prodotto dalla Consulta culturale di Varsi. Il 21 dicembre 2015 sono stati riconosciuti Giusti tra le Nazioni Francesco Labadini, Severino Cordani, sua moglie Celestina Giovannelli e la figlia Maria, don Ubaldo Magistrali e Guido Croci. (EP)

Bibliografia Cesare Groppi, Varsi 4 famiglie nei Giusti tra le Nazioni, 2 dicembre 2016 (LINK)

Jonathan Misrachi, Protetti dall’intero paesino, sui colli dell’Appennino, 29 gennaio 2017 (LINK)

Liliana Picciotto, Salvarsi. Gli ebrei d’Italia sfuggiti alla Shoah, 1943-1945, Einaudi, Torino 2017, pp. 380-382.

Liliana Treves Alcalay, Con occhi di bambina, Giuntina, Firenze 1994

Liliana Treves Alcalay, Un pollo di nome Kashèr: ricordi del dopoguerra, Giuntina, Firenze 2009

MATERIALI ARCHIVISTICI

Archivio e Fondo Documenti sulla famiglia Treves Fargion presso gli Arolsen Archives (LINK)

MATERIALI MULTIMEDIALI

Link ad eventuali materiali video La famiglia Fargion/A Varsi in quel terribile 1943, di Flavio Nespi (LINK) 

Video Varsi TG regionale(LINK)