Luogo Caneto di Palanzano (PR), Parma, Emilia Romagna, Italy
Racconto della vicenda

Aldo Foà, nato a Golese di Busseto (Pr) nel 1891, nel 1913 segue i corsi dell’Accademia militare, nel 1915 partecipa alla Grande guerra diventando tenente. Promosso capitano per meriti eccezionali, entra nel 22° Reggimento da Campagna. Nel 1918 passa al Cil Gruppo obici pesanti campali e comanda la 155a Batteria. Dopo l’armistizio, tra il 1919 e il 1920, partecipa come legionario all’impresa di Fiume di D’Annunzio. Nel 1921 consegue la laurea in Chimica e passa nel servizio tecnico d’artiglieria frequentando i corsi della scuola di applicazione e i corsi di Ingegneria a Torino.
Nel 1924 Aldo si sposa con Paola Foà (suo cognome anche da nubile, ma senza relazioni di parentela), e la coppia ha tre figli: Eugenio (Piacenza, 1925), Serenella (Napoli, 1927), Amalia detta Lia (Roma, 1935), nati in tre città diverse a causa dei trasferimenti lavorativi di Aldo. Maggiore dal 1928, Aldo consegue il diploma di abilitazione alle costruzioni d’artiglieria ed entra nel Servizio chimico militare. Dal 1930 al 1931 viene nominato direttore del laboratorio caricamento proiettili all’Arsenale militare di Piacenza. Nel 1934 viene promosso tenente colonnello. Insegna Chimica di guerra al corso superiore tecnico d’artiglieria (1934-1937).
Nel 1938, quando vengono promulgate le leggi razziali, Aldo Foà è tenente colonnello, ricopre per la seconda volta il ruolo di direttore del laboratorio caricamento proiettili all’Arsenale militare di Piacenza; durante il suo servizio nell’esercito è stato pluridecorato, nel 1933 si è iscritto al Pnf, ma tuttavia tutto questo non basta: viene congedato a tempo indeterminato per causa razziale.
Nel 1939 la madre della moglie Paola, Eleonora Sereni in Foà, si unisce alla famiglia, che nel frattempo decide di spostarsi da Piacenza a Milano per poter aver maggiori possibilità lavorative e di istruzione: Aldo spera di trovare impiego nelle varie industrie milanesi, i figli possono frequentare la scuola ebraica. Ma tra il 1942 e il 1943, a causa del rischio di bombardamenti, i Foà decidono di andare a Parma, città natale di Aldo, dove possono contare sulla presenza di parenti e amici.
Dopo l’8 settembre, per Aldo Foà la situazione precipita: un cugino, Giorgio Foà, viene arrestato dalle camicie nere e scompare. Aldo capisce che è necessario nascondersi: per prima cosa viene creato un rifugio in soffitta per Aldo e il figlio Eugenio. Quando arriva la polizia italiana, Serenella, alla richiesta di vedere tutta la famiglia, dice che in casa si trovano solo la mamma malata, la nonna e la sorellina. Se in quella occasione i Foà riescono a sfuggire, è ormai chiaro che la situazione si è fatta troppo pericolosa e quindi la famiglia decide di lasciare la propria abitazione e separarsi: la madre Paola e la nonna Eleonora vengono ricoverate nell’ospedale di Parma sotto falso nome, grazie all’aiuto di un medico, mentre Aldo e i figli fuggono a piedi verso gli Appennini. Qui raggiungono, probabilmente su consiglio di un vicino, la località di Caneto di Palanzano (Pr), dove vengono accolti dalla famiglia Belmessieri. Abitano nel primo edificio del paese, percepito forse come troppo esposto: una notte Gina, la giovane figlia dei Belmessieri, porta i Foà nella casa, più appartata, dei propri zii, i Galvani. Da qui, sotto le pendici del monte Caio, sarebbe più facile fuggire.
Per tre mesi, i Foà rimangono nascosti nelle due case a Caneto, presso Giovanni Belmessieri e sua figlia Gina e da sua sorella Giovanna sposata con Pietro Galvani. L’unica a uscire è Serenella, per andare a prendere acqua al fiume: per non insospettire nessuno, la ragazza viene anche portata la domenica a messa, insieme alle figlie dei Galvani. Tuttavia, la presenza di Serenella non passa inosservata e nel dicembre del 1943 si presentano i Carabinieri per verificare le sue generalità. La ragazza viene portata dal maresciallo, dove mostra i suoi documenti falsi: il cognome è stato semplicemente cambiato in Boa e questi capisce che si tratta di un’ebrea, ma la lascia andare. Il rifugio di Caneto però non è più sicuro.
I Foà decidono di tornare a Parma dove, dopo poco tempo, l’11 gennaio 1944, Paola muore in ospedale a causa di complicanze della brucellosi o febbre maltese. Eleonora Sereni viene trasferita presso le suore di San Giovanni, della congregazione delle Piccole Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria (dette Chieppine dal loro fondatore, Agostino Chieppi), vicine alla Resistenza.
Aldo Foà indirizza le figlie da Giuseppe Azzali, un suo vecchio compagno di studi al Politecnico di Torino, che divide il suo grande appartamento con la sorella Corinna, suo marito Igino Gennari e i loro due figli, Gianni e Albertina: a essi si aggiungono anche Serenella e Amalia, presentate ai vicini come sfollate da Napoli.
Aldo si rifugia a Milano sotto il falso nome di Alfio Feggi, dove si mette in contatto con la Resistenza per organizzare l’espatrio in Svizzera dei figli: il primo a passare è Eugenio, mentre i documenti per le sorelle vengono recapitati da un sacerdote insieme alla notizia dell’arresto del padre, deportato come operaio. Nell’aprile del 1944 Serenella e Amalia riescono a passare il confine ed entrare in Svizzera. La nonna Eleonora rimane nel convento, dove va a visitarla Albertina Gennari, fino alla Liberazione.
Aldo Foà muore il 12 maggio 1944 a Mauthausen: nei registri del campo appare sotto le false generalità di Alfio Feggi, nato a Caserta il 25/09/1890, dr. d. Chemie, internato nel campo l’8 aprile. Il 2 giugno una lettera del comando di Milano della Sicherheitspolizei (Polizia di sicurezza) viene recapitata ad Azzali per informare che Feggi è deceduto a causa delle ferite riportate dopo un bombardamento angloamericano. La sua copertura ha retto e non è stata scoperta la sua vera identità di ebreo.
Eleonora Sereni muore nel 1947.
Dopo la guerra Eugenio, Serenella e Amalia emigrano dalla Svizzera in Israele. I primi due cambiano i loro nomi rispettivamente in Avishua ed Esther. I contatti tra loro e le famiglie Azzali, Belmessieri e Galvani vengono ristabiliti solo dal 2003. Il 2 giugno di quell’anno Giuseppe Azzali, Igino e Corinna Gennari vengono riconosciuti come Giusti tra le Nazioni. Due anni dopo, il 18 aprile 2005, lo stesso riconoscimento viene dato a Pietro Galvani, Giovanna, Giovanni e Gina Belmessieri. (EP)

Bibliografia Antonini Carla, Piacenza 1938-1945: le leggi razziali, Piacenza, Scritture, 2010, pp. 116-117.

I giusti d’Italia. I non ebrei che salvarono gli ebrei, 1943-1945, a cura di Israel Gutman e  Bracha Rivlin, Milano, Mondadori, 2006, pp. 30-32.


Picciotto Liliana, Il libro della memoria. Gli Ebrei deportati dall’Italia 1943-1945, Milano, Mursia, 1991 (2017), p. 291.

Pirozzi Nico, La Shoah in Campania, 2012, p. 18.

 

ALTRE FONTI

Storia della famiglia Foà nel database fotografico di USHMM: https://collections.ushmm.org/search/catalog/pa1142679

 

Archivio o Fondo CDEC, Fondo vicissitudini dei singoli, Aldo Foà