Luogo Fornovo, Langhirano, Cattabiano (PR),  Emilia Romagna, Italy
Racconto della vicenda

Enrica Amar e Rolando Vigevani si conoscono nel 1941 a Parma, dove Enrica si è trasferita presso degli zii con la sorella Luciana, dopo l’emigrazione in Brasile dei propri genitori e della sorella più piccola. Rolando, avvocato, è un suo cugino di terzo grado. Si sposano nella sinagoga della città e nel settembre 1942 nasce Tullo, il loro primogenito.
Dopo le leggi razziali, il clima si è fatto pesante, ma Rolando Vigevani ha ottenuto la “discriminazione”, ovvero la possibilità di mantenere le proprietà (in particolare diversi poderi) e il personale.


Già dopo il 25 luglio, alla caduta del fascismo, Pellegrino Riccardi, compagno di studi e amico di Rolando, consiglia ai Vigevani di fuggire in Svizzera. Nei mesi estivi la famiglia Vigevani decide di rimanere presso il proprio podere di Martorano e di non tornare in città. La situazione precipita dopo l’8 settembre 1943. È allora che Rolando capisce che devono entrare in clandestinità e nascondersi. Manda così Enrica, incinta del secondo figlio, a Besenzone (Pc), per cercare di ottenere dei documenti falsi. Quello stesso giorno, 13 settembre, un gruppo di SS si presenta alla casa di Martorano per fare una perquisizione, cercando beni e armi. Grazie alla prontezza della bambinaia di Tullo, Tina Baldi, la pistola di Rolando viene nascosta nella stalla, sotto al letame. L’unico bene requisito dai soldati tedeschi è una forma di parmigiano reggiano, ma l’ufficiale SS annuncia che sarebbero tornati a prenderli entro un’ora.


In quel poco tempo, i Vigevani decidono di scappare e di chiedere aiuto a famiglie di amici. Luciana fugge presso i Mattei, vicini di casa, mentre Rolando va a cercare il cugino Gino Vigevani senza trovarlo. Il mezzadro Arnaldo Frigeri va a prendere Enrica alla stazione di San Prospero, portando anche lei presso i Mattei. Tina Baldi e il piccolo Tullo si dirigono in bicicletta verso Cattabiano, la casa di campagna di Riccardi sopra a Langhirano.


Per alcuni giorni i Vigevani cambiano diversi nascondigli presso amici, mentre i tedeschi continuano a cercarli a Martorano e nella casa di Parma: il mezzadro Frigeri e la moglie proteggono sempre i loro nascondigli e tutelano i loro beni. Intanto Pellegrino Riccardi, sfollato a Colorno presso il podere della moglie Elena Casoli, riesce a ottenere un lasciapassare per potersi muovere e aiutare così l’amico Rolando e la sua famiglia. Pretore a Fornovo di Taro, con la connivenza del segretario comunale, Riccardi riesce a procurare loro dei documenti falsi: i Vigevani divengono la famiglia Scalise, originaria di Forza d’Agrò, nel messinese, ovvero un Comune oltre le linee del fronte che condivide con Fornovo le prime tre lettere, per poter riusare i timbri. Enrica, Rolando e Luciana vengono nascosti in una casa di cura a Ramiola, vicino a Fornovo, di proprietà dei fratelli Walter ed Ezio Melocchi, dove già altri ebrei e perseguitati dal fascismo hanno trovato rifugio (nell’inverno del 1943 vi si nasconde anche Edda Ciano, figlia di Mussolini, prima di fuggire verso la Svizzera). Tuttavia, anche se sotto falso nome, dopo qualche tempo inizia a diffondersi la voce che nella clinica si trovano degli ebrei. È quindi necessario organizzare la fuga: non più verso un altro nascondiglio locale, ma verso la Svizzera.


Nuovamente, è Pellegrino Riccardi ad aiutare i Vigevani: tramite l’avvocato Aurelio Candian, professore all’università di Milano, che ha già aiutato altre persone a fuggire in Svizzera, li mette in contatto con una rete formata dalla professoressa Cavallotti della facoltà di Legge e un autista dell’università, Giannini, che conosce dei contrabbandieri nella zona di Varese. Riccardi trova anche un autonoleggiatore di Fornovo, Mario Lombatti, disponibile a portarli a Milano, dove dormono una notte dentro un’aula universitaria. Da lì vanno in treno a Varese, dove Giannini li mette in contatto con Pietro Bresciani, un contrabbandiere che, dopo un accordo per il pagamento, li conduce attraverso il bosco fino a passare la rete del confine.


Tullo, intanto, è rimasto con la tata a Cattabiano, dove si è fatta correre la voce che il bambino sia figlio di Riccardi. I genitori hanno scelto, con sofferenza, di aspettare il momento opportuno per organizzare anche la sua fuga. Questa avviene alcuni mesi dopo, nel febbraio 1944, quando Tina Baldi porta il bambino fino al confine. Grazie alla connivenza di un finanziere italiano e di una guardia di frontiera svizzera è possibile, dopo due giorni di attesa, trovare il punto e il momento giusto per effettuare il passaggio, da una parte all’altra dell’alta rete, da Tina Baldi alla zia Luciana. Le guardie di confine, attirate dal pianto del piccolo Tullo, fermano Luciana e altre due persone che l’hanno aiutata a sostenere la scala, arrestandoli per favoreggiamento di immigrazione clandestina. Grazie all’intervento di Enrica e Rolando vengono liberati in pochi giorni. Due giorni dopo, il 14 febbraio, nasce il secondogenito Franco, cui viene dato il secondo nome di Pellegrino.
Riccardi aiuta anche altri ebrei a fuggire in Svizzera, procurando loro documenti falsi: l’avvocato Aristide Foà, Riwka Spritzman, moglie dell’oculista Ferruccio Candian, e gli zii di Enrica Amar, Gino ed Elena Vigevani. Inoltre nasconde nella propria casa di Fornovo l’avvocato Giacomo Ottolenghi e la moglie.


Nell’agosto del 1944 Pellegrino Riccardi entra nel Cln di Parma e partecipa alla Resistenza come partigiano non armato.
Nel 1988 viene riconosciuto Giusto tra le Nazioni. Le famiglie Vigevani, Riccardi e Frigeri sono rimaste legate da una profonda amicizia fino a oggi. (EP)

Bibliografia Bocchialini Carlo, Pellegrino Riccardi. Un Giusto tra le Nazioni, Parma, Atelier 65, 2013.

Galvagno Marco, La Chiesa e il salvataggio degli ebrei nel Parmense, in “Storia e Documenti”, 6, 2001, pp. 65-80.
I giusti d’Italia. I non ebrei che salvarono gli ebrei, 1943-1945, a cura di Israel Gutman e  Bracha Rivlin, Milano, Mondadori, 2006, pp. 200-201.
Pernigotti Paolo, Quando il pretore fece carte false. Israele conferisce a Pellegrino Riccardi la Medaglia dei Giusti, in “Gazzetta di Parma”, 29 ottobre 1989.
Picciotto Liliana, Salvarsi. Gli ebrei d’Italia sfuggiti alla Shoah, 1943-1945, Torino, Einaudi, 2017, pp. 331, 471-473.

MATERIALI ARCHIVISTICI

Archivio e Fondo Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea, Parma, Fondo Rolando Vigevani