Luogo Calestano (PR), Emilia Romagna, Italy
Racconto della vicenda
Calestano, in provincia di Parma, è tra le località individuate per l’“internamento libero”, previsto dal Regio Decreto 8 luglio 1938, n. 1415 contro i “sudditi nemici” e attuato in particolare dopo l’entrata in guerra dell’Italia, il 10 giugno 1940.
Il 20 dicembre del 1941 vengono assegnati al Comune 15 ebrei provenienti dalla Jugoslavia (nati a Sarajevo, Zagabria, Spalato). Nel primo anno di permanenza a Calestano il gruppo varia leggermente: sono in tutto quasi 20 gli ebrei jugoslavi qui inviati in regime di internamento libero (Zlata Friedmann, Giovanni Globnik, Wladimiro Oswald, Paolo Terek, Elsa Gold in Schwarz, Tea Schwarz, Irena Gold in Radan, Otto Radan, Ferdo Geiger, Francesca Klein, Marcello Eichhorn, Antonia Geiger in Eichhorn, Edgardo Eichhorn, Melania Behrman in Rechnitzer, Adolfo Rechnitzer, Carlotta Rechnitzer, Mehemed Rechnizter, Miro Berl, Leopoldina Berl). Molti di loro prendono in affitto camere presso privati: sei trovano ospitalità presso Amelia Prevoli e il marito Ostilio Barbieri, gli altri si suddividono presso diverse famiglie locali. Nel corso della loro permanenza si genera un rapporto molto positivo con i calestanesi, tanto che il giorno del primo anniversario della loro presenza in paese, il 20 dicembre 1942, gli ebrei jugoslavi scrivono una lettera di ringraziamento al podestà locale, Ugo Gennari. Sentore di questo riconoscimento probabilmente giunge alla Questura, dato che contestualmente il podestà riceve una lettera dove gli si intima di far rispettare agli ebrei jugoslavi gli orari e i limiti di circolazione, richiamando anche la popolazione per i cordiali rapporti intessuti con loro.
Proprio grazie alle relazioni stabilite, dopo l’8 settembre 1943 gli ebrei confinati a Calestano vengono aiutati ad allontanarsi, indicando loro rifugi in montagna e in particolare nella frazione di Canesano, presso il parroco don Ernesto Ollari e suo fratello Antonio, mezzadro. Di questa rete di aiuti fa parte anche il maresciallo dei Carabinieri Giacomo Avenia, che cerca di comunicare sempre in anticipo l’arrivo dei reparti tedeschi per permettere la fuga agli ebrei.
Alla fine di settembre 1943 (nei documenti le date variano dal 26 settembre al 4 ottobre) giunge a Calestano la famiglia Mattei: Bruno (nato a Fiume l’11 gennaio 1895), il cui cognome Mattersdorfer è stato italianizzato in Mattei, la moglie Valerie (Wally) Tauber (nata a Vienna il 1 luglio 1890) e la figlia adottiva Edith Zeckendorf (nata a Vienna il 6 settembre 1919), figlia della sorella di Valerie, Berta Tauber (deceduta nel 1922), e di Oskar Zeckendorf (pittore, deportato a Terezin dove muore nel 1943).
Dagli archivi della Prefettura di Fiume emerge come i Mattei, in quanto cittadini italiani, abbiano ottenuto nel 1938 il permesso di permanenza nel Regno benché soggetti alle restrizioni delle leggi razziali, a differenza di molti altri ebrei, considerati stranieri nemici e per questo mandati nei campi di internamento fascista. Ma l’8 settembre 1943 determina anche per i Mattei la necessità di fuggire.
In una lettera del 24 maggio 1955 alla Comunità israelitica di Milano, Bruno Mattei ricorda come
Io, con mia moglie e mia figlia, scappati da Fiume nel lontano settembre 1943 appena arrivati i tedeschi, ci siamo rifugiati a Calestano, prov. di Parma ove nel dicembre dello stesso anno fummo internati provvisoriamente liberi, (cioè non in campo di concentramento) perché con documenti convalidati dal medico condotto comunale, e da quello provinciale (e tutti e due ci aiutarono in ciò) abbiamo potuto dimostrare di essere colpiti di (sic!) malattia contagiosa per essere internati in un campo.
Dal registro delle persone alloggiate presso Amelia Prevoli, sottoscritto dal podestà, figura come i Mattei siano inizialmente rubricati come «sfollati da Fiume»: in un documento rilasciato dal Municipio di Calestano il 14 ottobre del 1946 si dichiara che i Mattei hanno dimorato in questo comune come sfollati dal 26 settembre al 30 novembre 1943; dal 1 dicembre 1943 alla liberazione come internati, e dalla liberazione ad oggi come profughi di guerra.
Nel dicembre 1943 i Mattei vengono salvati da un provvedimento di internamento a Monticelli di Montechiarugolo perché il maresciallo dei Carabinieri Avenia produce documenti che attestano come siano affetti da alcune patologie contagiose o gravi: Bruno di tubercolosi fibroulcerosa, Valerie di artritismo cronico ed Edith di epilessia.
Quando una pattuglia tedesca si reca a Calestano cercando gli internati ebrei jugoslavi fuggiti e trova i Mattei presso lo stesso affittacamere, l’ufficiale chiede delucidazione sulla loro presenza, indicandoli come «questi ebrei». In quell’occasione, Barbieri e Avenia negano, rispondendo: «Nix ebrei, cittadini italiani, e come tali devono essere rispettati». Tramite l’interprete, l’ufficiale puntualizza che se si scoprisse che si tratta di ebrei, saranno tutti fucilati.
La loro permanenza a Calestano dura invece diversi mesi: Bruno Mattei ricorda come furono costretti a scappare solo nel luglio 1944, rifugiandosi anche loro a Canesano, presso don Ollari. Qui i Mattei devono certamente incontrare gli altri ebrei jugoslavi, dato che si sono appoggiati alla stessa rete di protezione.
Nel luglio del 1944 Calestano subisce un pesante rastrellamento tedesco, durante il quale vengono portati via e inviati in campi di lavoro in Germania molti uomini, tra cui anche Ostilio Barbieri; successivamente verrà deportato anche Giacomo Avenia, tuttavia riescono entrambi a ritornare dopo la guerra. Le figlie di Barbieri, Elena e Giulia, ricordano come il padre, già arrestato, avesse evitato che venisse perquisito il piano superiore della casa, dove si trovavano nascosti i Mattei.
Rifugiati a Canesano presso don Ollari, che gli ha messo a disposizione una stanza nella casa del fratello Antonio, anche qui i Mattei riescono a scampare a due rastrellamenti: nel primo caso vengono informati prima e riescono a scappare, nel secondo invece non ne hanno il tempo e solo gli uomini più giovani riescono a fuggire, mentre i due più anziani, Mattei e Ollari, vennero messi al muro. È allora che don Ollari, come ricorda Bruno Mattei, «interviene presso il comandante della pattuglia tedesca, pregandolo di lasciar almeno me entrare in camera e mettermi a letto, essendo ammalato». Il militare acconsente, obbligando il parroco a rimanere fuori in piedi.
Il gruppo degli ebrei jugoslavi e la famiglia Mattei, affidatisi alle reti di rifugio locali, trovano la salvezza quasi interamente, tutti tranne due persone: Paolo Terek che, essendo entrato nelle file dei partigiani locali, viene catturato e fucilato, e Irena Radan, anziana e malata di cuore, che si toglie la vita impiccandosi nella stalla di Antonio Ollari il 17 novembre 1944, probabilmente per la difficoltà a reggere la continua tensione. Nel dicembre 1944, infatti, i tedeschi inaspriscono la loro azione sul territorio della Val Parma e nella Val Baganza, con diverse dure azioni antipartigiane, di cui è testimonianza l’eccidio di Cassio del 7 dicembre. La tomba della Radan si trova ancora nel piccolo cimitero di quella frazione.
Ha invece un destino diverso la famiglia Behrman-Rechnizter, formata da Melania, i due figli Adolfo e Carlotta, e lo zio Mehemed: allontanatisi da Calestano dopo l’8 settembre, vengono arrestati a Cernobbio il 4 dicembre, probabilmente mentre cercano di entrare in Svizzera. Melania e Carlotta vengono quindi deportate a Monticelli (Pr), da lì a Fossoli: da qui la madre viene mandata a Bergen-Belsen e la figlia a Ravensbrück. Adolfo e Mehemed, invece, vengono deportati a Scipione (Pr): Adolfo da qui viene mandato a Fossoli e poi a Buchenwald, mentre Mehemed direttamente da Scipione ad Auschwitz, dove viene ucciso il giorno stesso dell’arrivo.
Nel giugno 1945 Bruno Mattei, che è rimasto a Calestano con la famiglia, diviene capo dell’ufficio comunale accertamenti agricoli. Nell’ottobre 1946 si trasferisce a Milano: è da qui che, nel decimo anniversario della Liberazione scrive la lettera in cui racconta le vicissitudini patite, indicando come in particolare Barbieri, Ollari, Avenia e Gennari abbiano svolto un ruolo fondamentale per la salvezza della sua famiglia e chiedendo per loro un riconoscimento da parte della Comunità israelitica. L’anno successivo il riconoscimento (attestato di benemerenza) viene concesso a queste persone (tranne che al podestà Gennari), come testimoniano le commosse lettere in risposta di Barbieri e Ollari (conservate presso il Cdec).
Nel 1999 Amelia Prevoli, Ostilio Barbieri, don Ernesto Ollari e Giacomo Avenia sono stati riconosciuti Giusti tra le Nazioni, su richiesta della nipote di Bruno Mattei.
Le famiglie Barbieri e Mattei sono rimaste in contatto e in amicizia fino a oggi. E anche le diverse famiglie calestanesi che hanno ospitato gli ebrei jugoslavi prima internati e poi nascosti hanno mantenuto contatti con loro per diversi decenni dopo la fine della guerra. (EP)
Bibliografia
Abelli Filippo, Eventi e memoria. 1943-1945 gli ultimi anni di guerra a Calestano e in Val Baganza, Edizioni del Comune di Calestano, Parma, 1999
Bonardi Pietro, Propaganda antiebraica sulla stampa parmense (1938-1945) e gli ebrei “internati” a Calestano, Istituto Storico della Resistenza di Parma-Centro Studi della Val Baganza, Quaderno n. 12, Editoria Tipolitotecnica, Sala Baganza (PR), 1998.
–, Gli ebrei internati a Calestano. Un capitolo di civiltà nell’inciviltà del razzismo, in Filippo Abelli, Eventi e memoria 1943-1945 gli ultimi anni di guerra a Calestano e in Val Baganza, Edizioni del Comune di Calestano, Tipolitografia Benedettina, Parma, 1999, pp. 203-218.
Galvagno Marco, La Chiesa e il salvataggio degli ebrei nel Parmense, in “Storia e Documenti”, 6, 2001, pp. 65-80
I giusti d’Italia. I non ebrei che salvarono gli ebrei, 1943-1945, a cura di Israel Gutman e Bracha Rivlin, Milano, Mondadori, 2006, pp. 52-53.
Minardi Marco, Tra chiuse mura. Deportazione e campi di concentramento nella provincia di Parma 1940-1945, Comune di Montechiarugolo, 1987
–, Invisibili. Internati civili nella provincia di Parma 1940-1945, Bologna, Clueb, 2010
Piazza Francesco, L’odissea di un gruppo di ebrei nella bufera dell’ultima guerra, in “Per la Val Baganza”, 10, 1991, pp. 441-444.
Quattro calestanesi tra i “Giusti delle nazioni”, in “Per la Val Baganza”, 2000, numero unico del Centro Studi della Val Baganza, pp. 188-192.
SITOGRAFIA
Österreichischen Jüdischen Museums, Scheda della famiglia Mattersdorfer (Mattei) presso il cimitero di Fiume: http://www.ojm.at/blog/2018/02/01/mattersdorfer-antonio-ernestina-alfredo-11-november-1910-22-oktober-1932-schoa-opfer/