Cognome: Andreoni
Nome: Gildo
Data di nascita 20/05/1902
Luogo di nascita Ospitale (MO)
Data di morte: 24/10/1981
Luogo di morte Modena
Cenni biografici Nato il 20 maggio del 1902 a Ospitale (frazione di Fanano, provincia di Modena), Gildo Andreoni nel corso della Seconda guerra mondiale fa parte del Corpo di spedizione italiano in Russia (Csir, acronimo ribattezzato ironicamente dagli stessi soldati italiani “centomila soldati italiani rovinati”). Rientrato a casa dalla Russia all’inizio del 1943, dopo diciassette difficilissimi mesi, e dopo sedici giorni di viaggio su un carro bestiame, al termine della convalescenza decide di non riprendere più le armi.
A raccontare quel periodo della vita di Gildo è il figlio, Gioiello Andreoni: «Erano i primi giorni di primavera del 1944, il gelo aveva appena allentato la sua morsa, e mio padre decise di mettersi a riparare la fontana del cortile di Casa Gioiello (dal nome del nonno che l’aveva costruita), così come da tempo gli chiedeva sua madre Elisa. Prima non sarebbe stato possibile lavorare del cemento, e poi le mani, quelle mani così provate dalla campagna di Russia, continuavano a farlo soffrire, specialmente col freddo. Ora invece poteva finalmente dedicarsi a quel piccolo lavoro di restauro.
In questa casa situata a Ospitale di Fanano, dove era nato nel 1902, vi aveva fatto finalmente ritorno dopo aver abbandonato le steppe polverose, gelate e fangose di un Paese tanto lontano. Qui aveva trovato sua madre, Elisa Muzzarelli, e sua sorella Rosa davanti al forno acceso, intente a cuocere il pane. Giurò allora che finché ci sarebbe stato del pane non avrebbe più lasciato quella casa.»
Troppe le atrocità viste, le sofferenze subite, per pensare di abbandonare la casa tanto sognata in quelle notti passate in tende fredde e inospitali. E anche ai partigiani che lo consigliano di seguirli risponde che di armi ne aveva viste e usate troppe. Tuttavia, è ben cosciente dei rischi cui va incontro un disertore, così non si stupisce più di tanto quando vede alcuni militi repubblichini davanti a casa sua. «Posò la cazzuola», racconta sempre Gioiello, «e senza aspettare, uscì dal giardino e andò loro incontro. La madre e la sorella erano al pian terreno della casa, occupate in faccende domestiche. Le finestre delle camere ancora chiuse, alcune pure con gli scuri. Non era ancora primavera inoltrata da consigliare di arieggiare tutti gli ambienti, riscaldati con quell’unica stufa e quella poca legna. I militi gli chiesero se stavano parlando con Andreoni Gildo, che dopo il termine della convalescenza non si era ripresentato al Corpo di appartenenza. Inutile negare, lo sapevano troppo bene. Nemmeno per un attimo aveva pensato alla fuga. Le sue donne sarebbero diventate loro ostaggi e poi c’erano anche “quegli altri” in casa. Non c’erano alternative, meglio accondiscendere per non peggiorare la situazione. Furono gentili ma fermi, gli dissero che avrebbe dovuto seguirli.»
C’era però quel lavoro da finire, lo aveva promesso alla madre, e gli sarebbe bastato quel pomeriggio per ultimarlo. «Inoltrò loro la richiesta», spiega il figlio Gioiello, «promettendo che al mattino dopo si sarebbe presentato in caserma a Fanano. Figli probabilmente pure loro di contadini, o di operai, quei militi furono comprensivi e accettarono di lasciargli ultimare il lavoro. D’altra parte, sia loro che lui sapevano che non vi era possibilità di fuga. Pur se il fronte, la Linea Gotica, era lì sul crinale a un’ora di cammino da casa, il varcarlo avrebbe forse salvato lui ma non gli altri. Partiti i repubblichini, la madre gli chiese cosa volevano e lui la tranquillizzò. Non riuscì a farlo però con la sorella, che aveva intuito tutto, e nemmeno ci provò con i Valabrega, la famiglia di ebrei che veniva tenuta nascosta in Casa Gioiello, che espressero grande preoccupazione per il pericolo solo momentaneamente allontanato. Al mattino seguente (era il Venerdì Santo), quando Gildo si preparò per scendere a Fanano sua madre gli disse di comprare due zappe, perché quelle vecchie erano ormai consumate ed il tempo della semina si avvicinava. Sapeva di non poter soddisfare quella richiesta e sapeva anche che forse non avrebbe mai fatto ritorno.»
Il suo stato d’animo in quel momento lo si può solo provare a immaginare: si appresta ancora una volta a lasciare il proprio mondo, quindi tutto. Ben conosce la pena prevista per i disertori, e quando a Bologna i suoi superiori gliela ricordano, risponde che facciano in fretta quello che devono fare. Ma poi a volte le cose cambiano in modo inaspettato, e così accade anche in questo caso.
«Aveva già svolto agli inizi degli anni Venti il militare di leva nei carabinieri», racconta Gioiello Andreoni. «A Bologna, dove era stato imprigionato, ritrovò un suo vecchio compagno di leva che nel frattempo era diventato maresciallo. Fu grande per entrambi l’emozione di ritrovarsi anche se su sponde opposte. E in una notte di fitti bombardamenti su Bologna, l’antica amicizia prevalse sui doveri, e il maresciallo creò le condizioni per la sua fuga. Mio padre prese il treno per Porretta Terme e poi di qui, dopo un pranzo a base di ossicini molto dubbi, consumato in un sottoscala di una locanda, partì a piedi. Tenendosi lontano dalle strade più frequentate, valicò la Pratignana, vide ancora una volta la sua casa laggiù e la raggiunse. Splendeva una bella luna quando arrivò, e così sedette sotto il castagnone, che con la propria plurisecolare vita ancora protegge la casa e il luogo. Chi era in casa sentì un canto “Mare perché questa notte mi hai fatto sognar”. Balzarono tutti dal letto e fu grande festa, il pericolo almeno per quella notte era dimenticato.»
Gildo vive per qualche tempo nascondendosi alla vista di chi può denunciare il suo ritorno nella valle, e poi una notte, con altri amici, passa il fronte e trova alloggio presso una famiglia di ospitalesi emigrati a Pistoia. Alla fine della guerra riprende il proprio lavoro di minatore.
Sorte: Sopravvissuto
Sesso: Uomo
Professione: Minatore
Data del riconoscimento di Giusto tra le Nazioni e file Yad Vashem: 16/12/2014, M.31.2/12969
Modalità del salvataggio
  • Dato assistenza
  • Nascosto e dato rifugio
Persone salvate Valabrega, Benedetta

Valabrega, Carla

Valabrega, Cesare

Valabrega, Emma


BIBLIOGRAFIA

Andreoni G., Andreoni, “Giusti fra le Nazioni”, in Fanano fra storia e poesia, n. 26, giugno 2016.

Mignani E., E un giorno arrivò un pianistan che suonava Bach, in I Quaderni di E’ Scamàdul, n. 1 anno VI, giugno 2012.

Valabrega C., La musica sacra di Bach, Guanda Editore, Parma 1965.