Luogo Ostia Parmense, Parma, Emilia Romagna, Italy
Racconto della vicenda

È il 1940 quando Aldo Di Gioacchino (Senigallia, 1898 – Parma 1952), ricercato in quanto ebreo e antifascista militante, abbandona la propria abitazione di Parma per rifugiarsi a Ostia Parmense, piccola frazione sull’Appennino emiliano, insieme ai due figli, Alberto e Mario. Solo la moglie, cattolica, rimane a Parma.
Inizialmente la permanenza nel paese emiliano è abbastanza tranquilla. Col proseguire della guerra, però, la situazione diviene pericolosa, soprattutto per Aldo, per i suoi trascorsi da oppositore del regime fascista oltre che per i motivi razziali. Aldo decide così di spostarsi in diverse frazioni sulle montagne circostanti, che offrono una maggiore sicurezza in quanto isolate dalle principali vie di comunicazione. Ma a partire dall’autunno del 1943, con l’occupazione tedesca di Ostia, anche i suoi due figli sono costretti a rifugiarsi in zone più isolate sui monti. Frequenti, infatti, sono i rastrellamenti effettuati dalle truppe tedesche e della Repubblica di Salò.
È questo il momento in cui Giuseppe Gandolfi, insieme alla moglie Albina, si prodiga di più e corre i rischi maggiori per fornire assistenza alla famiglia Di Gioacchino: assistenza che consiste soprattutto nel procurare loro viveri e trovargli nuovi rifugi nel caso in cui quello utilizzato al momento non sia più sicuro. Di volta in volta vengono utilizzate le abitazioni di parenti dei Gandolfi, sparse sui monti e, per un certo periodo, anche la canonica del parroco di Belforte, paese vicino a Ostia, don Guido Anelli. Il tutto ovviamente sotto la copertura di falsi documenti. Così, Alberto e Mario figuravano come parenti dei Gandolfi, sfollati da Parma in seguito ai bombardamenti.

Le ragioni che hanno spinto il signor Giuseppe Gandolfi ad adoperarsi nei nostri confronti non sono state motivate da interessi, in quanto la nostra famiglia era ormai stata spogliata di ogni avere, ma ritengo siano sia un innato altruismo, sia l’amicizia che era sorta tra i miei genitori e i signori Gandolfi, e tra me e mio fratello e il loro figlio,

racconta Alberto Di Gioacchino nel settembre del 2003, nella sua testimonianza per Yad Vashem. Le due famiglie, infatti, si conoscevano già da prima della guerra, poiché i Di Gioacchino durante l’estate prendevano in affitto alcune stanze proprio da Giuseppe Gandolfi. E Alberto e Mario erano praticamente coetanei di Maria e Luigi, i primi due figli di Giuseppe e Albina, con i quali giocavano insieme.
La stessa Maria Gandolfi rivive quei difficili momenti nell’istruttoria per Yad Vashem:

Mi ricordo che mio padre, quasi tutte le mattine, prima dell’alba, con il favore dell’oscurità, usciva di casa con una borsa nella quale riponeva viveri e vestiario da portare al signor Aldo e ai figli. Non ci ha mai messi al corrente di dove si recasse, ma sapevamo che i rifugi erano sui monti della zona, nascosti nei boschi. La situazione locale era molto pericolosa, in quanto in Ostia Parmense c’era un distaccamento del Comando tedesco e una numerosa guarnigione di Camicie nere, al cui comando c’era (beffa del destino!) il primo cugino di mio padre.
Ripensando a quel periodo, ritengo che mio padre, pur sembrando a prima vista magrolino e timido, dimostrò un coraggio e una forza d’animo rari.

L’amicizia tra le due famiglie, nata prima della guerra e rafforzatasi nei drammatici anni della persecuzione nazifascista, continuerà anche nel dopoguerra. «Per vari anni trascorsi le mie vacanze a Ostia presso i Gandolfi», ricorda ancora Alberto. «I rapporti tra i miei genitori e la famiglia Gandolfi si mantennero vivi sino alla loro morte.»
Il 23 febbraio del 2005, Yad Vashem ha riconosciuto Giuseppe Gandolfi e Albina Giliotti-Gandolfi come Giusti tra le Nazioni. (SNS)

Bibliografia Gutman I. – Rivlin B. (a cura di), I giusti d’Italia. I non ebrei che salvarono gli ebrei, 1943-1945, Mondadori, Milano 2006.

 

FONTI ARCHIVISTICHE

CDEC, Raccolte e collezioni speciali, Istruttorie Yad Vashem, Gandolfi Giuseppe e Albina Giliotti.