Luogo Budapest, Hungary
Il gelataio di Budapest

La storia di Francesco Tirelli e della sua opera di soccorso ad alcuni ebrei perseguitati dalla minaccia nazista, è una storia che va oltre i confini italiani. Si svolge infatti a Budapest, la capitale ungherese in cui, durante la Seconda guerra mondiale, Francesco gestisce una piccola gelateria. Ed è proprio il retrobottega del suo negozio a trasformarsi in uno dei luoghi in cui il gelataio emiliano mette al sicuro alcune famiglie di ebrei. Lo stesso Tirelli, d’altronde, era entrato in contatto con il mondo ebraico e aveva potuto sperimentare personalmente l’antisemitismo, perché aveva lavorato anche presso le organizzazioni sportive ebraiche.

Quante siano state esattamente le persone salvate dal Tirelli è ancora oggi difficile saperlo (le fonti raccontano di circa 15-20 ebrei nascosti nel retrobottega della gelateria). Di sicuro, però, tra di loro c’erano Hedwig Heilbrun e Yitzchok Meyer, con le rispettive famiglie. 

In particolare, è proprio Hedwig Heilbrun ad attivarsi nel 2001 per avere notizie su Francesco Tirelli. Cittadina statunitense di origine cecoslovacca, Hedwig, durante la Seconda guerra mondiale è ovviamente una bambina, ed ha soli sei anni quando, nel 1944, insieme alla propria famiglia viene indirizzata a Tirelli da alcuni amici in comune. 

Lei e la sua famiglia erano fuggiti in Ungheria dalla Cecoslovacchia, nascondendosi inizialmente in una fattoria poco fuori Budapest. Un nascondiglio a quanto pare pagato a caro prezzo e soprattutto poco sicuro, non potendosi fare molto affidamento sul comportamento e la protezione del proprietario. Così, quando un altro profugo ebreo li mette in contatto con Tirelli, gli Heilbrun si affidano al gelataio emiliano. Hedwig e la madre alloggiano addirittura in casa Tirelli, fingendosi rispettivamente la figlia di Francesco e la bambinaia. 

Sempre nel ’44, anche un’altra famiglia di rifugiati, quella di Yitzchok Meyer, che si nascondeva nei sobborghi di Budapest, viene affidata a Tirelli. Il gelataio italiano, infatti, oltre al proprio retrobottega, aveva organizzato una rete di rifugi che garantivano ai profughi una certa sicurezza. Tirelli, inoltre, forniva loro alimenti, assistenza, cure e in alcuni casi anche documenti falsi. La stessa Heilbrun ha ricordato come anche suo padre avrebbe aiutato Francesco Tirelli a reperire falsi passaporti italiani per gli ebrei.  

Sia la famiglia Heilbrun che la famiglia Meyer hanno mantenuto stretti contatti con Tirelli nel dopoguerra. Contatti che si sono persi solo dopo che il gelataio emiliano è emigrato in Svizzera. Ma proprio grazie alla loro azione e alle loro testimonianze, il 16 gennaio del 2008 lo Yad Vashem ha riconosciuto Francesco Tirelli come Giusto tra le Nazioni.

Bibliografia Catellani A., Il campagnolese Francesco Tirelli. Giusto fra le Nazioni, in “RS-Ricerche storiche”, n. 118/2014, pp. 159-166.

Dombi G., Le vite e la morte di Francesco Tirelli, in “RS-Ricerche storiche”, n. 130/2020, pp. 59-80.

Frojimovics K. – Molnár J. (a cura di), I Giusti tra le Nazioni in Ungheria durante la Seconda guerra mondiale, Balassi e Yad Vashem, 2009.

Meir T., Il gelataio Tirelli “Giusto tra le Nazioni”, Gallucci, Roma 2018.